Il tumore è stato un’occasione per reinventarmi
Donna Moderna
marzo 2017
Alla prima chemio questa scrittrice ha giurato a se stessa che non si sarebbe mai lasciata andare. E ha creato una linea di cappelli colorati e allegri per lei e per le donne in terapia. Qui ci racconta la sua rivincita sulla malattia.
Si fa presto a dire “la morte non mi fa paura”. La notizia arriva via mail: «Abbiamo riscontrato una neoplasia. Tumore al seno». E allora lo spettro della fine compare all’orizzonte e in un attimo occupa l’intero schermo della tua esistenza. É successo in un giorno afoso di fine primavera, due anni fa. Maria Teresa Ferrari, solo Terry per i 4000 amici di Facebook, è un tipo frenetico, vulcanico, inarrestabile: pr, scrittrice, giornalista, organizzatrice di mostre ed eventi nella sua Verona. Per una così il cancro poteva essere una battuta d’arresto. Lei forse ha rallentato un po’, ma non si è mai realmente fermata. Anzi.
Quando usciva dall’ospedale andava dalla sarta.
Il tumore è diventato un’occasione per reinventarsi e ribaltare il destino. Dalla malattia è guarita dopo un’operazione e una lunga riabilitazione. E con una nuova passione che presto diventerà un’avventura imprenditoriale. «Ero in chemio, e ovviamente avevo perso i capelli. L’idea delle parrucche non mi è mai piaciuta, anche se all’inizio ho provato anche quelle. Mi hanno portato a vedere alcuni dei copricapi ideati proprio per chi come me era sotto terapia. Erano tremendi, mettevano tristezza. Sembravano un altro, l’ennesimo, effetto collaterale della malattia. E così è nata l’idea di produrmeli da sola». Ha cominciato con la sua sarta. Ora ha uno stilista che le dà una mano, Giampaolo Malesani, che ha lavorato con Moschino, Valentino e Maliparmi, ed è arrivata a sfornare diverse centinaia di mo delli. Che piacciono molto, a quanto pare: «Anche a chi sta in buona salute e ha tutti i capelli in testa».
Maria Teresa sapeva di essere un soggetto a rischio. «Anche mia nonna ha avuto Il cancro al seno» ricorda ora. Periodicamente si sottoponeva a screening preventivi. Poi, a 50 anni appena compiuti, la prima diagnosi: «Penso che l’attesa sia il momento peggiore. Sai di avere qualcosa, ti hanno detto che è in corso una neoplasia. Ma non sai ancora di che entità, se sia diffusa o meno. E allora speri, ma nel contempo sentivo di non stare bene». Il male, l’operazione, il calvario della chemioterapia. Ore seduta, incatenata da flebo che mischiano il tuo sangue a sostanze tossiche, sfibranti. Le medicine ti svuotano di ogni energia, disseminando il corpo di dolori, di strane reazioni. «C’è stato un momento in cui mi sono sentita persa» dice increspando solo un po’ il solito sorriso: «Mi sono sdraiata sul divano, non potevo fare altro, il dolore era così forte che avrei voluto morire. Non che lo desiderassi, però ho capito quanti invocano la fine travolti da una sofferenza insopportabile».
Ogni settimana un look diverso per sentirsi bella.
Anche in quei momenti Terry non si è lasciata scoraggiare: «Mi sono detta, non mi farò rubare il sorriso. La prima a dover reagire sono proprio io». E così, per tutto il tempo delle diagnosi e poi della terapia, si è sempre mostrata al meglio delle sue condizioni: «Ho giurato a me stessa che non mi sarei mai lasciata andare» racconta. «Non c’è nei protocolli, non te lo dice nessun medico. Ma la cura vuol dire anche truccarsi, vestirsi bene, fare un minimo di moto. Non immaginarsi malata, io non ho mai pensato di esserlo, anche se a volte mi sentivo mancare le forze. Mi presentavo in ospedale con look diversi ogni settimana, le signore mi aspettavano per chiedermi dove avessi comprato quei vestiti, parlavano con me, erano curiose. Forse anche perché io avevo sempre il sorriso. Sorridere è fondamentale».
E in futuro i cappelli di Terry verranno prodotti su grande scala.
E poi c’erano i cappelli: «Me li vedevano in testa, colorati, fantasiosi, e tutte ne erano pazze. Mi chiedevano chi li facesse, dove potevano acquistarli. E cosi, quasi per gioco, ho cominciato a produrne qualcuno in più anche per le amiche». Oggi la linea dei copricapi di Maria Teresa Ferrari si chiama “Cappelli ad arte” e sono un simbolo dell’impegno che la giornalista e pr mette nella lotta al cancro. Tiene spesso conferenze o incontri in cui parla della sua storia. Una rivincita sul cancro che presto potrebbe diventare un caso imprenditoriale. Visto il successo riscosso con la produzione fatta in casa, a breve verrà organizzato un crowdfounding su kickstarter. E con i fondi raccolti dovrebbe partire una produzione su larga scala. Saremo inondati dai cappelli di Terry. Non potendo fabbricare in serie il suo sorriso, dovremo accontentarci di quelli.

